Massimo Cultraro

Mare inquieto: esploratori, avventurieri e mercanti nel Mediterraneo occidentale alla fine del II millennio a.C.

 

Note biografiche
Massimo Cultraro è archeologo, primo ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Catania, e docente di Preistoria e Protostoria presso l’Università degli Studi di Palermo. Allievo della Scuola Archeologica Italiana di Atene, dove ha studiato preistoria egea, e dottore di ricerca presso l’Università di Pisa, si occupa di processi culturali del Mediterraneo in età preistorica, con riferimento alla Grecia e all’Anatolia. Ha diretto, negli anni 2007-2010, il progetto di realizzazione del Museo Virtuale di Baghdad, un prodotto italiano promosso dal CNR e dal Ministero degli Affari Esteri. Dal 2013 opera in Georgia, studiando le relazioni tra il mondo egeo ed il Caucaso nell’età del Bronzo. È vice presidente nazionale dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, ed autore di numerose pubblicazioni scientifiche su riviste nazionali ed internazionali, insieme a quattro monografie sulle civiltà minoica e micenea.

 

Tema della conversazione
Gli ultimi due secoli del II millennio a.C. rappresentano un periodo dominato da tensioni politiche ed economiche che investono i principali imperi transnazionali del Mediterraneo, dall’Egitto del Nuovo Regno al regno ittita, dal mondo miceneo alle città-stato del Levante. Fin dalla storiografia del tardo Ottocento, il collasso delle strutture statuali è stato sempre ricondotto a cause esterne, stabilendo un sottile filo rosso tra le varie realtà attraverso la circolazione dei Popoli del Mare, dei pirati Lukka, ed infine dei Dori. Preferendo oggi spostare l’attenzione su un sistema più complesso di cause e concause, la ricerca archeologica dell’ultimo ventennio, operando in maniera interdisciplinare con fonti storiche, linguistiche ma anche con i dati delle indagini biomolecolari sul DNA dei gruppi umani, ha aperto nuovi percorsi di ricerca sul tema delle migrazioni e spostamenti di genti, spontanei e forzati.

Il teatro di questo mondo di grandi movimenti è il Mediterraneo centro-occidentale che, a partire dal XV sec. a.C., entra all’interno del sistema dei contatti con le realtà dei palazzi micenei, lungo le rotte dei metalli e di altre importanti risorse geominerarie, come il salgemma e lo zolfo. Esploratori, pionieri, ma anche gruppi in fuga rendono questo spazio di mare, con le due isole maggiori, Sardegna e Sicilia, il luogo di intense dinamiche di scambio e/o scontri. Anche la costa nordafricana gioca un ruolo assai rilevante in questo contesto, lasciando presagire modelli di popolamento e strategie di sfruttamento delle risorse locali, che saranno meglio definiti dopo la fondazione di Cartagine.

Sono oramai maturi i tempi per cominciare a riflettere, in modo interdisciplinare e con l’obiettivo finale di ricostruire il quadro dei processi storici, su una nuova “Archeologia delle

Migrazioni”, in grado di offrire strumenti di lettura anche su fenomeni contemporanei.